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Andrea Ferrazzi

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sullo stato della sicurezza e sul degrado delle città

Disegno di legge n. 595

d’iniziativa dei senatori FERRAZZI, MIRABELLI, ASTORRE, D’ARIENZO, GINETTI, ROSSOMANDO, CUCCA, GARAVINI, VALENTE, MISIANI, COMINCINI, BOLDRINI, MANCA, D’ALFONSO, STEFANO, PATRIARCA, LAUS, MAGORNO, COLLINA, MARINO, SUDANO, PARRINI, PARENTE, ALFIERI, MALPEZZI, BINI, GIACOBBE, CIRINNÀ, FEDELI, Assuntela MESSINA, GRIMANI, PITTELLA, IORI, BELLANOVA, VATTUONE, MARGIOTTA e PINOTTI

 

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 5 LUGLIO 2018

L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato, in occasione del Summit sullo sviluppo sostenibile del 25-27 settembre 2015, l’«Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile», composta da diciassette obiettivi ambiziosi e universali per trasformare il nostro pianeta.

L’obiettivo 11 consiste nel «Rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, duraturi e sostenibili» ed è articolato in dieci punti che vanno dall’assicurare a tutti alloggi adeguati e l’accesso ai trasporti pubblici e ad una urbanizzazione inclusiva e sostenibile, alla tutela del patrimonio culturale e naturale, nonché alla salvaguardia delle città dai cambiamenti climatici.

All’interno di uno spazio urbano, le periferie, che comprendono aree della città più o meno densamente popolate, rappresentano sicuramente la situazione urbanistica e sociale più complessa e talvolta di maggiore criticità.

Nell’immaginario collettivo la periferia «tipo», è caratterizzata, in modo più o meno accentuato, da fenomeni di degrado, di marginalità, di disagio sociale, di criminalità, di insicurezza e di povertà, più o meno accentuati.

Tuttavia, le periferie sono una realtà articolata. Non possono essere descritte unicamente come luoghi di stazionamento dell’immigrazione irregolare, di campi di rom e di persone senza fissa dimora che si dedicano alla criminalità predatoria, quali furti in abitazione, furti di auto e su vetture in sosta, scippi e borseggi. Luoghi di occupazione abusiva di immobili, pubblici e privati, da parte prevalentemente di stranieri, e dove sono presenti baracche abusive occupate da soggetti di etnia varia che senza alcuna igiene accumulano e vivono tra i rifiuti. Una situazione che comunque esiste ed è riscontrabile in molte città, sulla quale i sindaci intervengono (non sempre) con ordinanze di sgombero ai fini della messa in sicurezza dell’area e della sua riqualificazione.

Talvolta le periferie sono il risultato di una città che si espande e che ingloba comuni, frazioni di comuni, o aree agricole e di verde abitate da persone nate lì o che vi si sono trasferite come scelta di vita.

Talvolta sono aree residenziali prestigiose, dotate di servizi, zone ricercate da persone singole e dalle famiglie perché relativamente lontane dal caos della città, che possono contare su una serie di servizi essenziali (scuole, cinema, trasporti, supermercati, eccetera) e sono inserite e circondate dal verde.

Sono luoghi, per lo spazio disponibile e per la prossimità a grandi reti stradali, dove, per scelta, si localizzano numerose attività produttive, anche di grandi dimensioni, non solamente italiane, nonché centri commerciali, logistici, industriali e di ricerca e innovazione.

Sono anche luoghi dove sono sorte sedi decentrate di università, sedi queste alla ricerca di grandi spazi dove sia possibile costruire ex novo e non adattare gli interni di immobili esistenti siti nelle zone centrali della città.

In altri casi, sono il risultato di un processo di urbanizzazione residenziale, che ha avuto inizio decenni or sono, con immobili di vaste dimensioni pensati come dormitori per una popolazione di fascia medio-bassa, in termini economici, nonché luoghi circoscritti ai margini della città dove far risiedere persone non completamente integrate nella società o considerate un pericolo per la tranquillità della stessa.

Premesso ciò, da alcuni anni, a causa del costo della vita, unito a basi stipendiali sostanzialmente rimaste immutate e ad un mercato del lavoro mutevole e non stabile, nonché all’alto costo per l’acquisto di un’abitazione in un’area centrale della città, si registra sempre più la presenza di altre tipologie di residenti, più rispondenti al ceto medio.

La riqualificazione di queste aree per migliorare la qualità di vita dei residenti offrendo loro servizi, un efficace controllo da parte delle Forze dell’ordine, scuole, aree verdi, e palazzi condominiali che non rappresentino, nella loro forma e ampiezza, il segnale più evidente che si è in un’area di minor benessere sociale e di maggiore emarginazione.

Infatti, l’insediamento periferico non adeguatamente presidiato con servizi pubblici funzionali o istituzionali, determina una flessione negativa della sicurezza, dell’ordine pubblico e della integrazione della popolazione non italiana. Tutto ciò facilita l’inserimento ed il consolidarsi di pericolose situazioni di illegalità, quali l’insediamento di gruppi criminali (vendita di stupefacenti e ricettazione) e la presenza di forme di abusivismo (occupazione di immobili e realizzazione di edifici abusivi, situazioni che possono determinare situazioni ingestibili).

Inoltre è spesso rilevabile un degrado ambientale: discariche a cielo aperto, roghi di materiali, smaltimento illegale di rifiuti.

Le politiche nazionali per la sicurezza tendono a coinvolgere le istituzioni locali offrendo il massimo della collaborazione, anche attraverso la realizzazione di patti per la sicurezza urbana e, in particolare, realizzando programmi per la sicurezza delle periferie.

Le politiche europee mirano alla rigenerazione urbana, ovvero di programmi complessi che privilegiano l’intervento in comprensori già costruiti al fine di rendere vivibile e sostenibile lo spazio urbano, di soddisfare la domanda abitativa e di servizi, di accrescere l’occupazione e migliorare la struttura produttiva metropolitana, di rassicurare la maggior parte della popolazione che risiede proprio nelle aree periferiche.

La Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie, istituita nella XVII legislatura alla Camera dei deputati, ha compiuto un primo passo verso un «integrale ripensamento delle politiche urbane, che sono oggi in gran parte connesse con la rigenerazione delle aree periferiche», e ha rilevato la necessità di «coordinare le varie responsabilità istituzionali per ripensare ai programmi di intervento, anche sulla base di quanto finora realizzato, a partire dai primi programmi Urban e Urbact, poi dai Contratti di quartiere, dal Piano Città del 2012, dal Piano nazionale per la riqualificazione e rigenerazione delle aree urbane, e dal Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia».

Si ricorda che per la citata Commissione parlamentare, l’ISTAT aveva elaborato quattro indici georeferenziati che danno conto della popolazione insediata nelle zone dove si registrano i più elevati valori di disagio.

Il 33,8 per cento dei residenti nei capoluoghi metropolitani vive in quartieri dove c’è una significativa presenza di famiglie con potenziale alto disagio economico. L’incidenza di tali famiglie è variabile fra l’1-3 per cento nel Nord, fino al 4-14 per cento nel Mezzogiorno con punte massime a Napoli, Palermo e Catania.

Altrettanto rilevante è la quota di residenti metropolitani, pari al 37,5 per cento in quartieri dove si manifesta una significativa presenza di famiglie a elevata vulnerabilità sociale e materiale, quale sintesi di sette diversi indicatori. I valori massimi si registrano a Messina dove 51,6 per cento della popolazione vive a stretto contatto con famiglie in condizioni di forte deprivazione sociale.

Questi dati rafforzano l’opportunità di individuare con chiarezza le aree critiche su cui si è inteso e si intende operare, e con quali modalità e risorse finanziarie, per superare le condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie.

Sarebbe, inoltre, necessario avere una visione completa della situazione in essere affinché si possa adottare un programma tipo, riproducibile ed adattabile che possa, da un lato, integrare le politiche urbane e di rinnovo edilizio con l’intervento sociale e per la sicurezza dei cittadini e, dall’altro, evitare errori passati, quali la sovrapposizione o l’approvazione di interventi con scarse o limitate ricadute in termini sociali che poco o nulla giovano alle periferie.

Per tutte le situazioni e i motivi esposti si ritiene che, per incidere efficacemente sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie, sia necessario proseguire nel lavoro avviato nella XVII legislatura, istituendo una Commissione parlamentare d’inchiesta.

Giova ricordare che, come ben si espresse la Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie nella sua relazione conclusiva, approvata nella seduta del 14 dicembre 2017( DOC XXII-bis n.19), è «indispensabile rafforzare gli strumenti parlamentari e governativi per promuovere e gestire le politiche urbane». A tal riguardo, suggerì al Parlamento di «rendere permanente l’esperienza utilmente sperimentata […] istituendo nella XVIII legislatura una Commissione bicamerale per le città e le periferie».

Per rafforzare le finalità di tale proposta, si propone, con questo disegno di legge l’istituzione di una Commissione parlamentare d’inchiesta finalizzata ad affrontare i problemi relativi alle condizioni di sicurezza e allo stato di degrado delle città, con l’auspicio che tale iniziativa, alla luce del lavoro svolto in precedenza, possa incontrare l’unanime consenso di tutte le forze politiche.

 

Approfondisci il disegno di legge qui http://www.senato.it/leg/18/BGT/Schede/Ddliter/50084.htm

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